IL CdA DEL CONSORZIO SOCIO ASSISTENZIALE ALBA-LANGHE E ROERO BOCCIA IL TAVOLO DI CONFRONTO SU POLITICHE GIOVANILI, CAM E ESTATE RAGAZZI!

21 dicembre 2015 - Blog / Militanza

Mercoledì 9 dicembre si è tenuto l’incontro con il Consiglio di Amministrazione del Consorzio Socio-assistenziale Alba Langhe e Roero. A riceverci il Presidente Pier Giuseppe Cencio, il quale ci ha comunicato la decisione presa dal CdA riguardo alla richiesta di attivare un tavolo di confronto sulla ridefinizione delle politiche giovanili, in particolare delle attività dei CAM e di Estate Ragazzi. Il rifiuto è stato netto, pur se espresso in maniera cordiale.

Il tavolo non ci sarà.

Il Consorzio non intende condizionare l’erogazione dei propri fondi agli enti privati gestori all’adozione di tipologie contrattuali che garantiscano maggiormente i lavoratori rispetto all’attuale situazione; ritiene che molti enti e comuni non vogliano iniziare insieme a noi un confronto che sarebbe segnato da momenti di conflittualità, legati nello specifico alla tutela dei diritti degli operatori e alla connessa maggiore necessità di spesa; pur condividendo la centralità del tema educativo, segnala la sua perplessità su un approccio definito come “troppo politico”; sottolinea l’assenza di un collegamento con le istituzioni scolastiche da parte della nostra proposta.

Pensiamo che la risposta del Presidente del Consorzio sia esemplare dell’intero spettro di argomentazioni che le nostre controparti hanno dispiegato da sempre, nel tentativo, per ora riuscito, di rifiutare le nostre proposte: e che si inserisca pienamente in un perimetro concettuale che espunge come elementi patologici il conflitto, ancorchè minimo (meno che minimo!) e la politica. O meglio, la politica quando assume una legittima veste polemica, e incrina la visione di un mondo del lavoro sociale dove tutti gli operatori marciano uniti e solidali senza divergenze di interessi. Cosa vuol dire che il nostro approccio è troppo politico? Se significa che è di parte, perchè nasce dall’esigenza di valorizzare, anche contrattualmente, il lavoro degli operatori, allora lo rivendichiamo serenamente come un pregio. Se significa che non siamo generici nell’indicare i responsabili della situazione, ne siamo fieri. Se significa non tacere l’indifferenza delle amministrazioni comunali, ben per noi! D’altronde è persino ovvio che diventi politica una rivendicazione elementare di diritti, quando si scontra con bilanci pubblici strangolati da costanti riduzioni dei trasferimenti: le politiche di austerità non sono fenomeni naturali come la pioggia, ma richiamano scelte specifiche di governi specifici, e l’acquiescenza di molti amministratori. Insomma, da Renzi giù per i rami fino a Marello…

Se passiamo a considerare la bozza di documento presentata quest’estate, cogliamo un elemento politico di metodo: è l’approccio dell’educazione come bene comune, come campo aperto all’intelligenza e alle proposte di tutti, bambini e adolescenti compresi. Campo aperto, quindi conflittuale: sanamente conflittuale, e capace di sottrarre il progetto educativo dalle mani dei pochi che in questi anni l’hanno elaborato. Pensiamo che un percorso ampio e plurale di confronto debba partire dalla necessità di definire il profilo delle attività educative extrascolastiche, di precisarne lo statuto: solo così sarà possibile uscire dall’attuale dimensione ancillare dei CAM rispetto alla scuola (i CAM considerati dalla scuola come spazio per fare i compiti) e alla Chiesa, e iniziare una collaborazione tra pari.

Proseguiamo nelle nostre considerazioni… Esiste un approccio politico tipico degli amministratori, in prima linea i sindaci dei piccoli comuni; si presentano come persone di buon senso, pratiche, realiste e aliene da pericolosi voli utopici. Non hanno tempo da perdere, loro!, a discutere di educazione extrascolastica… E poi il servizio funziona, nessuno si lamenta, i bambini sono guardati a vista e al sicuro. Che bello fare prevenzione!!! Quando non ci saranno più soldi nelle casse comunali, potranno sempre dimettersi e consegnare polemicamente la fascia tricolore; oppure possono provare a coinvolgere, ora e non domani!, la cittadinanza, in un percorso rivendicativo forte che reclami più fondi e modalità partecipate di organizzazione dei servizi: potrebbero addirittura considerare essenziale la formazione dei bambini e degli adolescenti, non si sa mai diventassero persone critiche che si oppongono ai tagli… Ma bando alle ingenuità! E’ anche con questa mentalità diffusa che ci siamo trovati a fare i conti. E con una concezione zoppa della democrazia. Il Presidente Cencio, con gentilezza e senza alcun intento polemico, ci ha invitato a proseguire in autonomia il nostro percorso, a continuare a proporre la nostra visione nonostante il rifiuto di attivare il tavolo di confronto. E’ ovvio che lo faremo, per noi la questione non è chiusa. Ma ci domandiamo: qual è il rapporto tra le istituzioni e i cittadini? Se il Consorzio e i Comuni non sono interessati ad avviare un percorso democratico, quali sedi di confronto degli interessi e delle visioni differenti può trovare un gruppo di cittadini nel momento in cui elabora delle proposte? Rimaniamo chiusi in una visione ristretta per cui tutto deve passare dalla mediazione del Consiglio Comunale, in una versione estrema e caricaturale della rappresentanza, o accettiamo di valorizzare le diverse forme del fare politica, intrecciando partecipazione diretta e istituzioni rappresentative? Tra la sala del consiglio comunale e la piazza, esiste una via di mezzo?

Un’ultima nota. A settembre, nel corso della nostra solita riunione del lunedì, riceviamo la visita di un operatore CAM, laureato e con tanti anni di esperienza. Ci racconta di avere subito una riduzione del suo orario di lavoro, da un giorno all’altro: la sua condizione contrattuale è tale da non consentire alcuna protesta. Però… quanto siamo polemici!!!

Officine di Resistenza

Elianto