OPERAI DEL SOCIALE: “GLI UOMINI POSSONO SCEGLIERE SE UTILIZZARE I SASSI PER COSTRUIRE MURI O PONTI” a cura di Martina
13 aprile 2016 - operai del sociale
Mi fa piacere riportare e condividere su questo blog le riflessioni che qualche sera fa ho fatto con un collega, a conclusione di un lungo pomeriggio di lavoro in uno spazio aggregativo.
I bambini, i ragazzi e le famiglie che incontriamo sono davvero tanti. In questi anni sono aumentati e sono aumentate le situazioni di fragilità e disagio. Ogni settimana ci scontriamo con le loro difficoltà, con le preoccupazioni e con i piccoli o grandi problemi che devono affrontare. Ogni settimana incontriamo anche le loro capacità e le loro risorse. Tra giochi, parole, abbracci e discussioni, bambini e famiglie ci rendono parte delle loro vite, ci coinvolgono nella loro quotidianità. Siamo testimoni dei loro percorsi fatti di successi e sconfitte ma troppo spesso di solitudine.
Ormai, dopo anni di lavoro, sappiamo bene qual è il nostro compito, abbiamo le idee chiare rispetto agli obiettivi da raggiungere e alle priorità. Proviamo a tessere relazioni e a costruire reti. Cerchiamo di essere “ponti” che collegano i bambini ad esperienze e contesti educativi, “ponti” che mettono in connessione gli adolescenti con il mondo degli adulti, “ponti” che facilitano l’accesso delle famiglie ai servizi. Ma se i principi, i ruoli e le funzioni sono nitidi e ben saldi, non si può dire lo stesso per i contesti in cui lavoriamo. L’assenza di politiche, i meccanismi di delega, i tagli ci rendono “ponti sospesi”, ponti tibetani che traballano e oscillano nel vuoto delle assenze. Se la voragine intorno a noi è diventata più profonda, abbiamo l’impressione che anche al di là del ponte ci sia il rischio di non trovare nulla. Nonostante le energie spese ad informare, aggiornare, coinvolgere e mandare dati e relazioni a sostegno delle preoccupazioni, le risposte e gli interventi scarseggiano. Le richieste, così come i ponti, restano sospese. La mancanza di interlocutori, di destinatari rende il vuoto più pericoloso. Anche dopo anni di lavoro e risultati evidenti, tutto continua a vacillare, tutto viene messo in discussione: durata dei progetti, collaborazioni, idee e soluzioni possibili. Intanto le famiglie si spostano in altre città, i ragazzi crescono e con loro spesso crescono i problemi e le difficoltà.
Ma possiamo continuare a lavorare senza certezze e senza risposte? Abbiamo capito che servono nuovi canali di relazione, di comunicazione e strumenti diversi ma sembra quasi che dietro alle varie proposte si nasconda la richiesta di mettere in discussione la nostra stessa funzione. Ci sentiamo dire che servono esperienze nuove ma vediamo che spesso i progetti si rivelano meteore che non hanno seguito, piccoli “spot” senza un “prima”e senza un “dopo”, azioni che sollevano qualche granello di sabbia dal fondo del mare confondendo per un po’ i confini.
Forse l’innovazione più grande sarebbe quella di dare continuità ai progetti, di coltivare, di consolidare quanto già esiste. Forse servirebbe lo sforzo di tutti per difendere e “mettere in sicurezza” funzioni e progetti, forse si tratta di riportare l’attenzione sul senso e sulle conseguenze delle scelte individuali, professionali e politiche. Forse è proprio come dice un proverbio: “gli uomini possono scegliere se utilizzare i sassi per costruire muri o ponti”…
Martina
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