REPORT del PRIMO INCONTRO di IN-FORMAZIONE AL LAVORO

26 gennaio 2016 - Laboratori pedagogici

Sabato 30 gennaio si è svolto presso la Cascina della Parrocchia di Santa Margherita il primo appuntamento del percorso denominato “In-Formazione al Lavoro”, promosso da Officine di Resistenza e Elianto nell’ambito del progetto Educazione Bene Comune.

In-Formazione al Lavoro non si pone nella realtà cittadina come un’ Offerta Formativa, ma come un vero e proprio gruppo di ricerca, auto-organizzato e dal basso, per educarci ad un altro punto di vista. Per ricerca intendiamo uno stile di lavoro, che presuppone un continuo rapporto, un’assidua frequentazione delle persone e degli ambienti della città con cui intraprendere legami veri e rinnovati. (approfondisci)

Il primo laboratorio ha visto la partecipazione di una quindicina di persone; è stato coinvolto chi sta per finire il percorso scolastico, chi è già impegnato in maniera più o meno continuativa nel mondo del lavoro e chi è al momento disoccupato.

INTRODUZIONE: DUE PAROLE SU EDUCAZIONE BENE COMUNE

  • Unione di Politica ed Educazione

  • Educazione e Beni Comuni: Riappropriarci come Comunità dei temi della vita, tra i quali appunto il Lavoro

  • Resistere allo stato di cose presenti a livello politico (la Propaganda bipartisan sul Lavoro e sulle varie legislazioni che lo regolano), a livello sociale (il ricatto della disoccupazione, distruzione dei diritti conquistati con le lotte, il mito dell’imprenditore di sè stessi) e a livello educativo (lavorare sullo scarto tra l’educazione e la realtà sociale)

  • Studiare, a partire dai nostri vissuti, dalle nostre esperienze di vita e di lavoro, i significati del Lavoro, promuovere riflessione e pedagogia a partire dai rapporti sociali e di produzione esistenti.

  • Trasformare il nostro approccio alla vita e al lavoro in un’ottica di azione di cambiamento personale e sociale nella Comunità. Metodo, stile e contenuti di un’Educazione Sociale Popolare e Comunitaria. (approfondisci)

LANCIO DEL PROGETTO: UNA DOMANDA INIZIALE E DUE OSSERVAZIONI

  1. Si può ancora parlare del lavoro come ‘tema’ incorporato alla questione più fondamentale del ‘destino dell’uomo’? Per chi è ‘dipendente’ (nell’impresa, nell’azienda..), cosa significa assumere nelle proprie mani il proprio destino (economico), partecipare alle decisioni?

  2. Più il lavoro è bistrattato, più necessiterebbe (necessita di fatto) di essere preso in conto per ri-scoprirne (eventualmente) la sua verità e il significato per le persone che lo vivono.

  3. Che il lavoro non sia soltanto un fenomeno ‘naturale’, che sia piuttosto un fenomeno frutto della libertà dell’uomo, perciò mutevole, oggi è eccessivamente chiaro!

Se facessimo emergere i problemi del lavoro, ne verrebbe fuori un lista alquanto notevole. Con tutto ciò, non abbiamo paura di ritornare ai fondamenti del lavoro e mettere seriamente a confronto ciò che ‘dovrebbe essere’ con ‘ciò che è’.

UNO FRA I MOLTI PROBLEMI: L’ALIENAZIONE

Le varie forme di alienazione rappresentano vari modi del lavoro di negare la natura umana. Notiamo che c’è differenza tra <<me lo faccio piacere>> (cerco di fare corrispondere il mio lavoro ai miei sentimenti, con il pericolo di piegare il mio sentire a ‘quello che mi passano’) e fare in modo che il lavoro (tutto) corrisponda alla mia natura umana.

Secondo Marx l’alienazione del lavoro è la causa radicale della situazione difficile di tutta l’umanità: l’emancipazione dei lavoratori contiene l’emancipazione umana universale. Il suo ragionamento si fonda sulla convinzione antropologica che il lavoro costituisce l’essenza dell’uomo costantemente in sviluppo.

– Come pensiamo che debba essere il lavoro, un mero mezzo, o una fondamentale dimensione dell’esistenza umana? O ancora altro?

Ha ragione Marx? Cos’è che rende l’essere umano come umano, il lavoro, o non piuttosto il rapporto (la relazione) che l’uomo ha con tutto ciò che gli viene incontro, tutte le sfere dell’umano (e con il senso che racchiudono)?

IL LAVORO: VERO ATTO UMANO

Il lavoro deve essere un atto personale, caratterizzato dalla libertà e dalla responsabilità. Se nell’esecuzione del lavoro la persona non vive di libertà e di responsabilità e quindi di autonomia, è ridotta a puro mezzo. Non sa e non vede che c’entra lei con la finale del processo lavorativo. Nelle varie operazioni che una persona svolge, deve poter trovare dei fini umani, proprio grazie alla pratica lavorativa stessa. Stiamo parlando della ‘qualità umana’ dei singoli gesti lavorativi. Più i gesti diventano minuziosi, più c’è il rischio che non arrivino neppure al ‘minimo’ della consistenza di un gesto propriamente umano!

UN’IMMAGINE POSSIBILE: LA PARTECIPAZIONE

Nelle grandi imprese il lavoratore quanto partecipa? Quante strategie si mettono normalmente in campo per rafforzare la partecipazione e diminuire le differenze tra lavoratori, dirigenti e proprietari (oltre al salario, si pensa all’azionariato diffuso, alla partecipazione ai profitti)?

Come si può partecipare se il lavoro è minacciato dalla precarizzazione che si nasconde dietro la flessibilità imposta dal mercato globale e si confronta con una nuova schizofrenia, quella tra la richiesta di qualità e l’incitamento alla mobilità in nome della competizione?

EVENTUALI PUNTI DI INDAGINE

– Lavoratore e tecnologia.

Tecnica, libertà (creatività) e sviluppo. Tutte le tecnologie sorgono da un contesto sociale, economico, politico e religioso. I mezzi sono l’espressione umana di alcuni aspetti dei bisogni, dei desideri, delle speranze. Dimmi cosa desideri e ti dirò che mezzo usi.

– Lavoro e bene comune.

La divisione del lavoro e la complessità dei beni nelle nostre società, fa sì che il singolo non possa più soddisfar-si da solo, è costretto e forzato a collaborare. Questo ha portato alla difficoltà di percepire il lavoro come un contributo alla vita comune più larga. La persona percepisce sé stessa come un individuo autonomo che interagisce economicamente con altri individui autonomi. Egli non deve nulla alla società per le sue capacità e per ciò che ha acquisito con il suo lavoro. Egli è proprietario di sé stesso, non una parte di un tutto sociale più ampio. Senza il senso del dovere verso una società più larga l’interesse per comprendere le conseguenze comuni del proprio lavoro muore.

– Lavorare per altri.

Le persone devono lavorare per la propria sussistenza, ma anche per chi necessita. Si fa un onesto lavoro così che si possa dare a chi è in necessità! Il bene degli altri deve essere un fine verso cui io coscientemente tendo. Il perseguimento dell’auto-interesse non è sufficiente a stabilire il bene comune. C’è del vero nella ricerca dell’interesse personale (chiaro). I bisogni sono davvero da soddisfare! Notiamo però che: questo primo interesse può essere perseguito validamente, ma deve essere accompagnato dal perseguimento del bene degli altri. (Come attuare questo possibile rapporto, è da mettere allo studio).

– Il lavoro per amore del lavoro.

Come il lavoro, il cibo ci tiene vivi, ma molte persone mangiano non semplicemente per sopravvivere, ma per piacere. Lo stesso è vero per il lavoro. Se io sono stato costituito (dalla creazione) per lavorare, allora devo trattare il lavoro come qualcosa per cui io sono creato e quindi trattarlo almeno parzialmente come un fine in sé. Perciò una persona non può vivere un’esistenza pienamente umana se rifiuta di lavorare. È perciò contrario al fine della vita umana ridurre il lavoro a un mero mezzo di sussistenza.

Notiamo però, come la visione moderna non sorge dall’interesse per il lavoro come fine in sé, ma dal prodotto del lavoro.

(Anche questo è un punto da analizzare con estrema calma. Senza dare facilmente per buona questa idea. Aprendo a tutte quelle imprevedibili nuove idee pensabili. Penso però, che possa essere la base su cui pensare da capo il senso davvero originario del diritto al lavoro).

Da qui si apre anche la questione del “quanto lavoro è davvero umano”, e di conseguenza, di che cosa possa diventare la vita comune – senza cadere nella trappola troppo facile che la vedrebbe come il tempo ‘libero’ sottratto al tempo del lavoro, ecc….

LABORATORIO E CONDIVISIONE: LA PAROLA AL GRUPPO

Il tema del Lavoro, e il tentativo che proviamo di una sua riappropriazione in chiave critica, mette insieme tra le tante dimensioni, quella emotiva (vissuti, aspettative e paure) e quella strettamente operativa (ricerca di una mansione, burocrazia, opera nel mondo). Abbiamo scelto di partire da un laboratorio-forum che facesse emergere il nostro “mondo interno”, l’immaginario e le domande spontanee collegate alla nostra vita e al tema lavoro. Abbiamo raggruppato i pensieri liberi, le riflessioni, le domande in quattro aree tematiche, le quali troveranno spazio di discussione nei prossimi laboratori. Sono il punto di partenza sul quale costruire un percorso di lavoro condiviso.

RAPPORTO TRA VITA E LAVORO/IDENTITA’ E LIBERTA’

Il lavoro è in stretto rapporto con la mia vita

Il lavoro modifica le nostre emozioni

Come combinare passioni, capacità e lavoro

Il lavoro nobilita o debilita l’uomo?

Ricerca di me stesso/ricerca del lavoro

Il lavoro non è tutto

Lavoro: passione, libertà, cambiamento

Come sono io nel lavoro?

FRUSTRAZIONE/PAURA/ALIENAZIONE

Paura del giudizio degli altri

Alienazione

Lavoro: è come essere ad un bivio

Frustrazione, dover dimostrare

Limbo (lasciati gli studi, indecisione, paura e aspettative)

La ricerca del lavoro è totalizzante

Gli stages estivi mascherano spesso lavoro non retribuito

Come posso fare esperienza se nessuno mi assume?

LAVORO COME MEZZO PER FARE ALTRO

E’ ciò che mi permette tutto il resto (vita?)

lavoro: autonomia e indipendenza

Ho bisogno di fare/guadagnare per vivere

Lavoro è fonte di reddito

Qualcuno può permettersi di fare delle cose perchè ha un lavoro…e io?

RIAPPROPRIAZIONE/CAMBIAMENTO/PARTECIPAZIONE

Diritti: cosa sono, quali sono? distruzione di un mondo?

Il lavoro come bene comune della comunità

La lotta e la forza di volontà (che manca?)

Lavoratori insieme che decidono

Immagiare nuove forma lavorative e di organizzazione lavorativa

Opera lavorativa/opera educativa

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