REPORT del SECONDO INCONTRO DI IN-FORMAZIONE AL LAVORO
13 marzo 2016 - Laboratori pedagogici
Sabato 13 febbraio si è svolto presso il Cinema Vekkio di Corneliano il secondo appuntamento di In-formazione al lavoro, progetto promosso da Associazione Elianto e Officine di Resistenza nell’ambito del progetto Educazione Bene Comune, rivolto a ragazzi che stanno per finire il percorso scolastico, giovani impegnati in maniera più o meno continuativa nel mondo del lavoro e disoccupati.
Il secondo incontro è stato pensato come ponte fra il primo e il terzo appuntamento; ha di fatti avuto come obiettivo da un lato quello di approfondire tematiche di grande interesse per i partecipanti e calarle nella vita quotidiana e concreta, attraverso il racconto di storie di lavoratori; dall’altro si è voluto anticipare alcuni punti importanti e salienti della nuova legge sul lavoro (Jobs Act) che sarà analizzata nel terzo incontro con l’aiuto di un esperto.
Si è quindi lavorato su tre tematiche in particolare:
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IL SENSO DI ALIENAZIONE (quali sono gli aspetti che nel lavoro possono negare la natura umana? Quali invece quelli che permettono il riconoscersi in un determinato lavoro?)
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LA RESPONSABILITA’ (può esistere la responsabilità sociale dell’impresa? O la logica dell’accumulazione del capitale è incompatibile con una reale attenzione alle esigenze dei lavoratori? E io come lavoratore, da che parte sto?)
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LA PARTECIPAZIONE (com’è possibile collaborare ed essere soggetti attivi nel nostro lavoro? Esistono forme di auto-organizzazione? E’ possibile agire dal basso per cambiare i rapporti di forza in ambito lavorativo?)
I giovani sono stati divisi in tre gruppi. Ogni gruppo ha ragionato a rotazione e per 20 minuti circa su ogni tematica, introdotta dal racconto di “storie di lavoro”, esempi concreti di quella particolare tematica.
1. IL SENSO DI ALIENAZIONE
Storie introduttive
– “En Amazonie – Un infiltrato nel migliore dei mondi” diJean-Baptiste Malet, inchiesta su Amazon dall’interno. (Link)
– “L’azienda totale. Dispositivi totalizzanti e risorse di sopravvivenza nelle grandi aziende della distribuzione” di Renato Curcio; in particolare il passaggio legato alla cassa come strumento punitivo e ricattatorio in Esselunga.
Riflessioni sorte dalla discussione
– Il male nasce nella misura in cui si stacca il cervello per andare a lavorare/mi riconosco nel mio lavoro solo nella misura in cui posso “metterci dentro” me stesso, la mia personalità, il mio essere persona singola ed esclusiva.
– Il male è non essere considerato compagno dei miei colleghi, ma antagonista a loro/mi riconosco nel lavoro che faccio nella misura in cui posso riconoscermi negli altri e stringere relazioni significative all’interno del mio lavoro.
– Il male è vivere nel ricatto tipico del nostro tempo, tipico del capitalismo/io riconosco il lavoro solo nella misura in cui viene concepito come un diritto.
– Il male è quando il lavoro e le condizioni lavorative mi snaturano/io mi riconosco nella misura in cui riesco a svolgere un lavoro per cui ho investito su me stesso, a cui ho ambito e in cui riesco a mettere in gioco le mie abilità e che vengano riconosciute (dal datore di lavoro, ma soprattutto, da chi riceve i frutti del mio lavoro)
– Il male del lavoro scaturisce nella misura in cui le condizioni in cui lavoro sono talmente ripetitive e faticose da compromettere in toto la mia vita/è “+ umano” e quindi è facile riconoscersi nei lavori più “artigianali” più creativi.
– Il male è insito nel lavoro, perchè, se dipendenti, siamo esclusi dal processo di produzione e in quest’ottica non essendo padroni del nostro tempo, del nostro lavoro, delle nostre fatiche…il male è il lavoro./Mi riconoscerei nel lavoro nella misura in cui fossi io il vero padrone del mio lavoro (fuori dal capitalismo)
– Il male del lavoro è l’accontentarsi, il “tanto è così”, il meccanismo secondo il quale mi alieno se lavoro, mi alieno se non lavoro…il dare per scontato che non ci sia un’alternativa a questo sistema. (unica via è la lotta!)/Io mi riconoscerei nel lavoro se fosse al di fuori di questi schemi.
-Il male del lavoro è farsi prendere dal lavoro, io sono altro, il lavoro è solo un mezzo per poter permettere a me stesso di fare ciò che posso al di fuori del tempo di lavoro. Perchè mi devo riconoscere nel lavoro che faccio? è solo lavoro…
2. LA RESPONSABILITA’
Storie introduttive
– Electrolux di Forlì: la reazione dei lavoratori contro l’azienda che licenzia un lavoratore disabile (Link)
– “Mal di Lavoro“. A cura di Renato Curcio.In un magazzino un lavoratore si infortuna gravemente, e i colleghi che guidano il muletto continuano il turno senza soluzione di continuità, apparentemente indifferenti al dolore del collega. (Link)
Riflessioni sorte dalla discussione
– E’ come se la sofferenza di chi lavora fosse normale e si dovesse quindi accettare; non suscita scandalo, non interroga le coscienze
– Sono responsabile prima verso me stesso: prima cerco di essere io al sicuro e di non rischiare la mia posizione, altrimenti finisco io nei casini; solo dopo mi preoccupo dell’altro. E’ un problema di educazione…”pensa per te”.
– Il lavoratore è passivo, ricattabile e ha paura. E’ difficile trovare nella collettività la strada per raggiungere condizioni di maggior tutela e dignità.
– La via della solidarietà e dell’unione delle persone è la sola possibile; la fuga individuale o l’assecondare passivamente ogni direttiva padronale non potranno migliorare la situazione.
– Bisogna prendere coscienza di queste situazioni, riflettere ed evitare di raggiungerle.
– Responsabilità significa mettere le persone al primo posto.
– Responsabilità vuol dire vedere nel lavoro un mezzo per trasformare il mondo e non lontano dal mondo.
3. LA PARTECIPAZIONE
Storie introduttive
– La fabbrica Maflow di Trezzano sul Naviglio recuperata da lavoratori e lavoratrici. (Link)
– Fralib, fabbrica di thè occupata a Marsiglia (Link) (Link)
Riflessioni sorte dalla discussione
– Le storie alternative fanno fatica ad uscire perchè sono considerate “pericolose”
– E’ difficile immaginare l’auto-organizzazione su larga scala, in realtà più grandi
– Provare ad uscire dallo schema capitalistico è difficile perchè le persone non ne immaginano un altro (autonarrazione del Capitalismo come naturale ed eterno)
– La persona umana è sempre più messa a valore (Start-Up)
– La mentalità di gruppo e sociale deve essere al centro dell’educazione e del sistema formativo
– Se le libertà umane si organizzassero il capitalista avrebbe paura!
– Come è possibile autorganizzarsi?…importanti gli esempi narrati…
– Unione delle lotte e delle autorganizzazioni
– E’ importante partire da un Conflitto
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